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Verner

Membro Ordinario
Condòmino proprietario
Il nostro casegggiato ha un sottotetto e la famiglia che abita all'ultimo piano ha detto che sarebbe interessata al recupero e all'uso dello stesso come spazio in più per la casa.
Vorrebbero velocemente incominciare i lavori di ristrutturazione e al momento non hanno chiesto il permesso al condominio.

Chiedo: Ma il sottotetto di chi è? Del condominio o del condòmino che ce l'ha sopra la testa?
 

Lucianone

Membro Junior
Amministratore di Condominio
Inizio banalmente chiarendo che non si possono compiere opere in un sottotetto che non sia certamente di proprietà della condòmino che lo vuole riattare o addirittura annettere alla proprie unità immobiliare.

Normalmente i sottotetti possono essere pertinenza dell'appartamento sottostante, oppure essere locali condominiali e quindi comproprietà di tutto il condominio o della comunione di beni.

Il primo posto dove andare a guardare, sono gli atti di acquisto degli appartamenti del condominio per verificare se siano citati i sottotetti e in che modo sono descritti ed eventualmente attribuiti.
Se gli atti sono unanimi nel considerare le porzioni di sottotetto soprastanti gli appartamenti dell'ultimo piano di proprietà di questi ultimi, la questione è acclarata.

Viceversa, se sugli atti di acquisto si parla del sottotetto come di una proprietà indivisa o addirittura elencata tra le parti comuni del condominio, anche in questo caso non vi sono dubbi che il singolo condòmino non se ne possa servire in via esclusiva.

Se invece i rogiti notarili tacciono in proposito, ci viene in ausilio una sentenza del 2012, più precisamente la n. 17249 del 12 agosto 2011 che ho appena inserito nella biblioteca del forum, con cui sono stati forniti elementi su cui basarsi per risolvere questioni inerenti la proprietà del sottotetto in un condominio.

La sentenza recita "L’appartenenza del sottotetto di un edificio va determinata in base al titolo, in mancanza o nel silenzio del quale, non essendo esso compreso nel novero delle parti comuni dell’edificio essenziali per la sua esistenza o necessarie all’uso comune, la presunzione di comunione ex art. 1117 c.c. è applicabile solo nel caso in cui il vano, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, risulti oggettivamente destinato all’uso comune oppure all’esercizio di un servizio di interesse condominiale."

In sostanza la Cassazione ci dice di valutare con attenzione "a cosa servono" i sottotetti e se siano adibiti a locale tecnico con la presenza di serbatoi d'acqua e altri impianti, lavanderia, deposito, ecc.
In questo caso il locale si intenderà condominiale, viceversa, no.

Per cui per risponderti più precisamente ci dovresti descrivere che tipo di locali sono e se hai dato un'occhiata all'atto di provenienza almeno dell'appartamento che ci sta sotto e prima ancora al regolamento di condominio qualora sia contrattuale :)
 

Ennio A. Rossi

Membro Junior
Commercialista
aggiungo per ampliare la discussione.

Principio generale: Il sottotetto non è più "pertinenza" dell'appartamento dell'ultimo piano. La riforma del condominio (legge 220/2012), in vigore dallo scorso 18 giugno, ha infatti modificato l'articolo 1117 del Codice civile, includendo tra i beni comuni anche «i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune».

Nello specifico riporto un articolo sulla questione del maggio 2014 (per cui post-riforma) assai esaustivo

Secondo la definizione formulata da dottrina e giurisprudenza, il sottotetto si identifica con quell'ambiente posto tra il soffitto dell'ultimo piano e il tetto dell'edificio, essenzialmente destinato a proteggere le stanze di tale piano, dal caldo, dal freddo e dall'umidità, formando una camera d'aria, limitata in alto dalla struttura del tetto e in basso dal solaio o dalle volte che coprono gli ambienti del piano medesimo.
Una delle rilevanti novità apportate dalla legge n. 220/2012 è stato l'espresso inserimento del sottotetto tra i beni di proprietà comune di cui al punto 2 dell'art. 1117 c.c., con la conseguente applicazione, pertanto, delle regole fissate dal codice per le parti comuni dell'edificio e i criteri di ripartizione delle spese ex art. 1123 c.c., a condizione che lo stesso sia destinato, per le caratteristiche strutturali e funzionali all'uso di tutti i condòmini.

La modifica apportata dalla riforma risolve, pertanto, i dubbi interpretativi circa la natura di res communis del bene.

Va, tuttavia, segnalato che, nel variegato quadro giurisprudenziale formatosi nel tempo, sulla possibilità o meno di ascrivere anche al sottotetto la presunzione legale di comunione ex art. 1117 c.c., è sempre emersa una costante.
Nelle ipotesi in cui il sottotetto, quale locale non abitabile, né calpestabile, fosse esclusivamente destinato a servire da protezione e isolamento per le unità immobiliari dell'ultimo piano esso veniva considerato di regola pertinenza delle stesse e dunque di proprietà esclusiva dei relativi proprietari (nota: come, ad esempio, nel tipico caso del sottotetto con pavimentazione formata da tavolati di legno, con altezza minima o maggiore ma comunque privo di prese d'aria e senza possibilità di accesso dalle parti comuni, ma solo dai sottostanti appartamenti).

Qualora, invece, il sottotetto abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo, se esso risulti in concreto sia pure in via potenziale, oggettivamente destinato all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune, va annoverato tra le parti comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione prevista dalla norma di cui all'art. 1117 c.c., la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da parte di tutti i proprietari esclusivi. (Cass. N. 7764/1999 ; n. 4266/1999).

In concreto, la proprietà esclusiva del sottotetto è da escludere laddove il sottotetto possa essere parzialmente utilizzato come bene comune e comunque in tutti i casi in cui i condòmini possono facilmente accedervi oppure ivi sono collocati impianti condominiali, come nel caso del sottotetto assolvente alle funzioni di accesso al tetto e di passaggio dei cavi delle antenne e degli sfiati delle cucine, adibito tra l'altro a ripostiglio, stenditoio, spazio per serbatoi d'acqua da parte di tutti i condòmini, per il quale la giurisprudenza ha deciso che l'occupazione da parte di un condòmino di una porzione dello stesso, separandolo dalla restante parte con un tramezzo aprendovi un lucernario ed erigendovi un comignolo, era abusiva, dichiarando pertanto l'illegittimità della realizzazione delle opere e la condanna al ripristino dello stato dei luoghi e al risarcimento dei danni (Cass. n. 23448/2012).

È evidente, pertanto, che nell'includere i sottotetti tra i beni comuni "facoltativi", il legislatore si sia limitato a recepire le tesi costanti emerse dagli indirizzi giurisprudenziali.
Fonte: Condominio: I sottotetti


Per cui, come correttamente anticipato da @Lucianone anche dopo la riforma, per stabilire la natura condominiale o meno del sottotetto occorre ancora in primo luogo fare riferimento ai titoli (atti di acquisto, regolamento contrattuale) e, in difetto di questi ultimi, valutare in concreto o in via potenziale, se per le sue caratteristiche strutturali e funzionali lo stesso sia oggettivamente destinato ad un uso comune a vantaggio di tutti i condòmini.
 
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